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ll pellet deriva dalla compressione di scarti di legno precedentemente ridotti a segatura e disidratati. Posto in appositi macchinari attraverso la pressione e il calore viene ridotto in piccoli cilindri di massimo 4 cm.
Le resine presenti naturalmente nelle piante col calore fungono da collante.

La resina che consente al pellet di compattarsi è presente solo nelle conifere (abete e pino) mentre nelle latifoglie (faggio, rovere, frassino) devono essere aggiunti degli additivi (colle/calce).

Le tipologie di pellet si dividono in due grandi categorie:

1. Essenze dure (provenienti da latifoglie come il faggio, il castagno, la betulla, il rovere, l’olmo, il carpino e l’acero):

2. Essenze dolci (provenienti dalle conifere come il larice, l’abete, il pino, il pioppo e il salice)

Da qui le diverse tipologie di pellet:

  • Pellet di Abete (bianco o rosso) molto apprezzato perché produce davvero pochissima cenere e sprigiona un elevato calore in breve tempo. Ha però una resa minore rispetto alle altre tipologie. 
  • Pellet di Faggio ha una resa molto elevata. Il potere calorifico è eccezionale ma si consuma molto rapidamente. Il faggio sviluppa un rendimento termico meno intenso ma più costante nel tempo.
  • Pellet Misto di Faggio e  Abete Con questa tipologia, si ottengono i vantaggi dell’uno e dell’altro. La lunga durata del pellet di abete si combina con l’elevato potere calorifico del pellet di faggio. Può avere però un prezzo più elevato degli altri.
  • Pellet di Castagno che lascia pochissimo residuo ma è più raro e caro.
  • Pellet Misto di Conifere
  • Pellet Misto contenente legni diversi in proporzioni variabili.

Nella scelta del pellet è bene considerare:

  • Potere calorifico la quantità di calore che viene liberata dalla combustione. Si misura in kWh per Kg. Maggiore è questo parametro migliore sarà la resa.
  • Residuo di cenere. Maggiore quantità di cenere significa maggiore necessità di manutenzione. La cenere deve essere rimossa regolarmente per evitare che danneggi i meccanismi.
  • Additivi chimici.
    Nella produzione del pellet si può ricorrere all’uso degli additivi, per ottimizzare l’aggregazione ma il loro utilizzo non deve essere superiore al 2% del peso.
    Tra gli additivi ammessi farine di maisoli vegetaligrassi e amidi.

Le essenze dure (Faggio etc.) creano una combustione con fiamme corte e durevoli.

Le essenze dolci (Abete etc.) si accendono con più facilità, sprigionano un calore più forte, ma bruciano più velocemente, con fiamme lunghe e meno durature.

I pellet di essenze dolci creano più residuo resinoso rispetto alle essenze dure.

Le certificazioni del pellet sono di vario tipo a seconda del Paese di provenienza, ma tutte mirano a garantire che il processo di lavorazione sia avvenuto nel rispetto degli standard di qualità previsti a norma di legge.
Ecco alcune certificazioni del pellet utilizzate nel panorama internazionale:

  • ONORM M 7135 (Austria)
  • DIN 51731 e DIN plus (Germania)
  • The British BioGen Code of Practice for biofuel (Gran Bretagna)
  • Standard Regulations & Standards for Pellets in the US: The PFI (USA)
  • SN 166000 (Svizzera)
  • SS 187120 (Svezia)
  • ENPlus (Italia, Europa)

La certificazione ENPlus si basa sulla norma EN 14961-2 e presenta il grande vantaggio di seguire tutta la filiera del pellet: non solo la produzione, ma anche la provenienza del legno, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione finale.

Tra i Combustibili Naturali (vedi Guida ai Combustibili Naturali) o Biomasse più comuni le principali alternative al Pellet sono:

  • Cippatino di Legno
    Ricavato dal legno non trattato come alberi, potature e rami sminuzzati in scaglie di dimensioni regolari di circa 2-3 cm. Il potere calorifico del cippato varia a seconda del legno di cui è composto, va dai 2 ai 3,5 KWh/Kg. Il lato negativo è che occupa molto spazio per lo stoccaggio.

  • Nocciolino di Sansa
    È uno scarto di lavorazione della spremitura delle olive. Si presenta in forma granulosa e lo si imbusta esattamente come il pellet. Il potere calorifero del nocciolino è elevato, va dai 4,5 ai 6,5 KWh/Kg. La sua resa è di circa il 20% in più rispetto al pellet. Il lato negativo è che è di difficile reperimento.

  • Mais
    una volta essiccato, si presta molto bene a essere bruciato in una stufa a biomassa perché è molto simile al pellet, anche se le differenze non mancano. Il potere calorifero va dai 4 a 6 KWh/Kg, anche se i residui di cenere sono più elevati. Il mais inoltre non si innesca come il pellet, ma è indispensabile mischiarlo con un altro prodotto.

  • Noccioli Tritati della Frutta
    Non ci sono ancora molte informazioni riguardanti il loro utilizzo come biomassa. Pare che il potere calorifero sia di circa 4,7 KWh/Kg. Il residuo di cenere è molto basso. Il lato negativo è che soffre la stagionalità, per questo può risultare di difficile reperimento.

  • Gusci di Frutta Secchi Essiccati
    Uno dei più usati è quello di mandorla che rappresenta un ottimo combustibile. Il potere calorifero non è noto, ma ha un residuo di cenere molto basso. La disponibilità sul mercato varia a seconda della stagione.

Attenzione è necessario verificare prima la compatibilità della propria stufa o caldaia a bruciare alternative al pellet.

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